Mi sono presentato all’ingresso di Villaggio Coppola con lo stesso stato d’animo di chi è pronto a perdere la macchina fotografica o la vita.

Quando ho detto ad amici e parenti che avrei affrontato un’inchiesta nei territori di Castel Volturno sono stato visto come una sorta di kamikaze prima di Pearl Harbor. Fra pacche sulla spalla ed inviti a desistere, ho collezionato frasi incoraggianti: “Ma sei impazzito!” “E se scambiano la macchina per una pistola?” “I camorristi ti minacciano” “guarda che i negri ti rapinano” .

Villaggio Coppola ha infatti una fama talmente negativa da riuscire a suscitare in molti napoletani reazioni di intolleranza degne di un vicentino nostalgico della Lega Lombarda. Eppure, fino a vent’anni fa, non c’è campano che non abbia passato almeno una estate qui. 

Alla fine non è successo nulla. Anzi, il silenzio che mi ha accompagnato nel viaggio è diventato il filo conduttore del reportage.

Panorama di Parco Saraceno a Villaggio Coppola
Parco Saraceno, il panorama

Se Castel Volturno potesse presentare un biglietto da visita, avrebbe il colore cianotico e stanco del cielo sopra Parco Saraceno, il complesso di edifici che fu pensato come una sorta di città-giardino per gli abitanti più ricchi di Villaggio Coppola.

Ironia della sorte, il karma ha voluto che le case di lusso si trasformassero nelle abitazioni più fatiscenti e rovinate dell’intero villaggio vacanze, il simbolo del degrado del litorale domizio. Ci sono infatti solo abitazioni occupate da centinaia di famiglie che sopravvivono provando ad attaccarsi abusivamente alla corrente elettrica pubblica in case che spesso non hanno né porte né finestre.  Il panorama all’esterno è un deserto di sabbia che affaccia su quello che nacque come il “porto turistico più grande d’Europa”, che in realtà è solo una infinita serie di moli vuoti nella darsena.

Sembra di assistere ad un panorama di Fallout, il videogioco che insegna a sopravvivere in una città distrutta da una guerra atomica.

Palazzo abbandonato sul mare, Napoli

Le rovine di cemento regalano però panorami spettacolari che ricordano vagamente i fasti dei tempi passati, quando le case ospitavano un turismo d’élite. Questo doveva essere un appartamento di lusso a Parco Saraceno, con una terrazza ed una vista sul mare. Si accede adesso tramite una scala a pioli poggiata ad una parete, dato che la via di accesso originale è un cumulo di macerie. Nei giorni in cui non c’è foschia si possono vedere anche Ischia e Procida in lontananza: uno spettacolo crudele per questo villaggio nato per “rubare” turisti alle isole napoletane ed oggi ridotto ad una città in stato vegetativo. Il contrasto fra disastro e normalità si fa ancora più feroce quando, dall’altro lato dell’edificio abbandonato, si scorgono le facciate dei palazzi a nord di Villaggio Coppola, che invece rimangono tutti dignitosamente vuoti, puliti e ben arredati.


Quella a nord del villaggio era infatti l’area residenziale costruita dai fratelli Coppola, in una sorta di utopia palazzinara degli anni ‘60 in cui, oltre al complesso vacanziero, il villaggio doveva ospitare 12.000 persone stabilmente. Ancora oggi alcuni appartamenti sono abitati, ma la maggior parte degli edifici è disabitata e campeggiano da anni i cartelli “IN VENDITA” su decine di ville.

Palazzo abbandonato con un cartello "prossima apertura", Ischitella
Supermercato abbandonato a Ischitella

Per visitare le vicine frazioni di Pescopagano ed Ischitella bisogna attraversare strade vuote a tre corsie in cui, silenziosamente, ai lati si muovono decine di ombre umane vestite con i colori accesi e sgargianti del Centro Africa. Una transumanza senza fine di uomini muti che vagano senza una meta fra scheletri di palazzi e villette.

Gli unici a dire qualche parola sono i cartelli che annunciano improbabili aperture future in palazzi abbandonati, un po’ come se trent’anni fa fossero scappati tutti all’improvviso, lasciando ancora le testimonianze della vita passata. Oggi a Pescopagano ci sono solo stabili vuoti e fatiscenti.

Angelo impiccato nell'Oasi dei Variconi, Castel Volturno

L’unica figura antropomorfa incontrata a Castel Volturno è quella di un angioletto impiccato all’interno di una baracca di legno su di una spiaggia nell’Oasi dei Variconi.

Alle sue spalle c’è una bottiglia di acqua santa a forma di madonnina legata alla trave principale della catapecchia, quasi come se avesse il compito di reggere l’intera struttura.

La spiaggia è praticamente inaccessibile perché è completamente ricoperta dai rifiuti e dai tronchi degli alberi, se non fosse per la piccola area di sabbia bianca “ripulita” attorno alla baracca. In realtà si tratta di un punto di osservazione ornitologico che è stato recentemente devastato dai vandali.

Spiaggia dei Variconi, Castel Volturno

All’altezza di Baia Verde c’è una spiaggia in cui il mare combatte una guerra quotidiana sulla battigia, con le onde che provano a respingere le tonnellate di tronchi, cemento e spazzatura che, più in generale, sono riversati su tutti i 27 chilometri di spiaggia del litorale di Castel Volturno.

Un osservatorio sulla Spiaggia dei Variconi, fra i rifiuti

Alle spalle della baracca, su di una pila di legname alta un paio di metri, campeggia una bandiera italiana stracciata.

Sembra di assistere ai postumi di una battaglia simile a quella che raccontò Delacroix nel quadro della Libertà che guida il popolo: silenzio, macerie e la bandiera dei vinti che domina la scena. E non resteranno nemmeno delle belle rovine per ricordare il nostro tempo.

Bandiera italiana che sventola su tronchi abbandonati, Castelvolturno

Questo articolo è stato pubblicato sul primo numero di Inchiostro, il giornale della scuola di giornalismo del Suor Orsola Benincasa diretto da Marco Demarco: https://www.unisob.na.it/inchiostro/inchpdfview.htm?nr=160

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